Descrizione di

CISTITI RICORRENTI

Definizione

Si tratta di infezioni urinarie acute sintomatiche che si ripetono periodicamente. Si distinguono dalle forme croniche di cistite (attinica, interstiziale) in cui sintomi sono costanti, non intervallati da periodi di completo benessere.

Batteriuria invece è la presenza di germi nelle urinei misura anche significativa(>100.000 colonie per ml., ma senza i sintomi tipici della cistite acuta (pollachiuria, dolore mizionele, etc.) . E’ importante distinguerla, perché la batteriuria non va trattata con antibiotici.

Un’utile distinzione è quella tra le cistiti post-coitali, che nella donna compaiono tipicamente 24-48 ore dopo un rapporto sessuale, e le cistiti che non hanno alcuna correlazione temporale con l’attività sessuale.

 Etio-patogenesi

Sono dovute allo sviluppo in vescica in quantità considerevoli di germi che diventano patogeni, aggredendo la mucosa delle pareti vescicali ed avviando così il fenomeno dell’infiammazione sostenuta da i leucociti neutrofili (che a tal punto si ritrovano in numero aumentato nel sedimento urinario al microscopio) e dalla liberazione di varie sostanze “irritanti”, tutti eventi che causano la sintomatologia tipica.

Il germe responsabile di gran lunga più frequente è l’escherichia Coli, seguito dal Proteus Vulgaris e dalla Klebsiella. Molti altri germi possono essere a volte coinvolti, ed è abbastanza usuale che episodi diversi di cistite siano causati da ceppi diversi. Piuttosto rari sono lo Pseudomonas Aeruginosa e la Serratia Marcescens, sempre evocativi di condizioni patologiche dell’apparato urinario, utilizzo di catetere a permanenza, calcolosi urinaria, etc, e comportano particolari difficoltà terapeutiche anche perché è frequente il fenomeno della resistenza batterica.

Le cistiti non correlate all’attività sessuale sono per lo più secondarie a patologie, malformative o acquisite, del bassso tratto urinarie, ostruttive o comunque comportanti residuo post-minzionale (documentabile con esame ecografico). Il catetere a permanenza è una sicura causa di infezione urinaria, a partire da pochi giorni dopo il posizionamento. Il cambio periodico del catetere è un momento di rischio per il verificarsi della cistite acuta.

Le cistiti post-coitali, piuttosto frequenti e tipiche delle donne in età fertile, anche molto giovani, sono determinate dall’azione meccanica dei movimenti della penetrazione, che fa scorrere i germi a origine intestinale, e normalmente presenti in area perianale e perineale, lungo l’uretra femminile, piuttosto corta, fino alla vescica. Questo fenomeno ovviamente è comune a tutte le donne, ma in un certo numero, che va soggetto alle cistiti post-coitali, i meccanismi di auto-difesa locale dalle infezioni urinarie difettano di efficienza, per motivi finora mai individuati. Osservazioni personali dell’Autore – ancorchè non suffragate da studi clinici controllati- su numerosissime pazienti soggette a cistiti ricorrenti postcoitali, fanno ritenere che un importante ruolo causale possa essere rivestito dalla concomitanza di patologie vulvari e pelviche quali la vulvodinia e l’ipertono del pavimento pelvico.

Pertanto, er quanto esposto, deve essere chiaro che tali cistiti post-coitali non sono sessualmente trasmesse dal partner maschile alla donna, e che non ha alcun ruolo preventivo a tale scopo l’utilizzo del profilattico.

 Sintomatologia

Il quadro sintomatologico è molto tipico, ed è caratterizzato da:

– aumento improvviso della frequenza minzionale (sia diurna che notturna), urgenza minzionale e possibile incontinenza urinaria da urgenza, sintomi che spesso costringono a rimanere seduti a lungo sul water, e conseguente riduzuine dei volumi minzionali;

bruciori minzionali che durano per tutta la durata della minzione e che si attenuano notevolmente dopo minzione, a differenza di altre condizioni, quali la vulvodinia o gli spasmi periuretrali postminzionali della sindrome del dolore pelvico cronico, in cui il bruciore/dolore compare solo nella parte terminale della minzione e perdura, a volte accentuandosi, dopo minzione, anche per molti minuti;

sensazione di incompleto svuotamento vescicale;

peso/dolore sovrapubico e tenesmo vescicale, anche negli intervalli tra le minzioni;

Nei casi più impegnativi possono coesistere:

  • macroematuria (urine più o meno intensamente rosse per presenza di sangue),
  • accessi di febbre alta con brividi anche squassanti (indice di situazioni a volte critiche quali una urosepsi e, in presenza di dolore ad un fianco di pielonefrite acuta, entrambe situazioni che richiedono terapia antibiotica ad alte dosi e stretta osservazione medica, meglio in regime di ricovero). La febbre spesso recede, spontaneamente o in vicinanza dell’assunzione di antibiotici e ntipiretici, accompagnandosi a sudorazione profusa.

Tra i possibili segni di presenza di germi in quantità elevata nelle urine (sia in caso di batteriuria che in caso di infezione urinaria sintomatica) vi sono:

  • la torbidità delle urine (manifestazione macroscopica di piuria), che a volte contengono frustoli o uno spesso deposito di bianco di fibrina;
  • un odore di ammoniaca emanato dalle urine, dovuto a delle reazioni chimiche causate da alcuni batteri.

Diagnosi

La diagnosi si basa esclusivamente su:

  • anamnesi (quindi sui sintomi, che sono molto tipici);
  • l’esame urine completo dà la conferma (presenza nell’analisi microscopica del sedimento urinario di leucocituria, cioè numero di leucociti superiore al valore normale di 5, di microematuria, cioè numero di emazie superiore a 5, e di batteriuria, cioè la presenza di batteri; a volte questi elementi sono talmente tant che si definisce tappeto.
  • A seconda del germe presente, possono essere evidenziati nitriti all’esame chimico delle urina, ma una loro assenza non fa escludere la presenza di germi.
  • Molti di questi parametri possono essere facilmente ed abbastanza accuratamente valutabili al proprop domicilio utilizzando delle striscette reattive da immergere brevemente nelle urine, chiamate stick urinari.
  • L’urinocultura con conta dei germi ed antibiogramma individua la specie di germe presente, il numero di colonie per millilitro (che per essere significativo deve essere superiore a 100.000) e la sua sensibilità (o resistenza) ai vari antibiorici (S= sensibile, R=resistente, I=attività intermedia), indicandone anche il grado tramite la un valore di MIC (minima quantità di antibiotico capace di inibire la crescita batterica in vitro), che più è basso più corrisponde all’efficacia teorica dell’antibiotico.
  • L’ecografia sell’apparato urinario con la valutazione del residuo post-minzionale può essereutile per un inquadramento etiopatogenetico e per rimuovere evntuali cause delle infezioni ricorrenti.

Note di terapia

Nell’affrontare l’episodio acuto, una prima considerazione importante da fare è la tossicità, alquanto frequente e potenzialmente grave, correlata praticamente a tutti gli antibiotici esistenti. Gli eventi avversi vanno da fenomeni allergici, a fenomeni infiammatori gastrici e/o intestinali (anche gravissimi quali quelli dovuti allo sviluppo del Clostridium difficile), alle neuropatie periferiche (molto importante per pazienti affetti da vulvodinia o neuropatia del pudendo), alle candidosi in genere ed in particolare delle vie genitali femminili per la soppressione della flora latto-bacillare. Questi effetti collaterali sono comuni, in misura maggiore o minore, a tutti i tipi di antibiotici. Poi ci sono altri possibili effetti collaterali, più rari e specifici ad alcuni antibiotici: le tendiniti e le rotture di tendini  come quello Achille riferibile ai chinoloni, la  oto-tossicità con vertigini o sordità relativa agli aminoglicosidi, la cardiotossicità dei chinoloni. Inoltre molte classi di antibiotici possono allungare il tratto QT dell’elettrocardiogramma potendosi rendere responsabili di aritmie cardiache anche gravi, soprattutto se il paziente sta assumendo contemporaneamente altri farmaci che possono produrre lo stesso effetto, come ad esempio quasi tutti gli antidepressivi, la cui associazione va evitata.

Tenendo presente tutti questi potenziali rischi degli antibiotici, occorre sempre una preiscrizione molto oculata, da riservare o a casi con sintomi estremamente dolorosi e/o limitanti o a quando la sintomatologia fa capire che stanno intervenendo delle complicanze pericolose (unrosepsi, pielonefrite). I casi più semplici e meno gravosi dal punto di vista sintomatologico andrebbero gestiti con trattamenti naturali diretti a eliminare o inattivare gli agenti microbici con integratori quali  il Cranberry o il D-mannosio. Entrambi hanno la capacità di aderire ai batteri, inattivandoli ma il primo ha lo svantaggio di essere notevolmente acido, potendo così peggiorare la sintomatologia se assunto in fase di infiammazione delle mucose delle vie urinarie. Il secondo è pertanto da preferire. Ovviamente l’effetto dell’integratore non è né certo, né così rapido come quello degli antibiotici ma, per i casi meno gravi, il rapporto rischio beneficio è senz’altro favorevole.

A scopo preventivo questi integratori giocano un importante  ruolo, e risulta particolarmente utile la profilassi post-coitale con  D-mannosio, a copertura anche del giorno successivo.

In caso in cui si decida per l’assunzione di un antibiotico, va sempre eseguito un esame urine completo, la cui riposta di solito si ottirne in poche ore, e che, se dimostra un aumento dei leucociti, conforta la decisione di iniziare la terapia antibiotica, a maggior ragione se sono presenti nitriti e/o emazie superiori a 5), nonché l’urinocultura, i cui risultati arrivano in 5-6 giorni, da desumere informazioni sui germi infettanti che potranno essere utili in seguito. Quindi, sulla scorta di un esame urnine positivo, si può iniziare la yerapia antibiotica, scegliento prederibilmente una classe ad ampio spettro, con minore tossicità possibile, che non abbia mostrato resistenza ad urinoculture recenti, e se il paziente sta assumendo farmaci che allungano il tratto QT dell’ECG, che non abbiano a loro volta queste prerogativa. In linea di massima gli antibiotici che più spesso rispondono a queste caratteristiche, sono l’amoxicillina (soprattutto associata all’acido clavulanico, e le cefalosporine.

La durata della terapia antibiotica non va protratta oltre i cinque giorni.