Montagnaterapia
Una specialità del Dott. Luca Masini
Come nasce la montagnaterapia?
Il termine “montagnaterapia” è stato coniato nel 1999 in un convegno a Pinzolo (TN) a seguito della presentazione di un approccio che univa la montagna “che aiuta a vivere” con le realtà del disagio e del disturbo psichico e fisico. L’anno successivo nella Regione Lazio nasceva il “Gruppo di Lavoro per la Montagnaterapia” da un gruppo di operatori delle Aziende Sanitarie Locali con una significativa esperienza nel campo psichiatrico e psicoterapeutico, nell’animazione dei gruppi, nell’alpinismo ed escursionismo.
Mi sono avvicinato alla montagnaterapia quasi per caso: rendendomi conto di quali benefici l’ambiente montano aveva su di mè dal punto di vista psico-fisico; insieme a Massimo Ruffini, Guida Alpina ed amico, mi sono chiesto se fosse possibile sfruttare le potenzialità di questo ambiente anche per coloro che “soffrono”. Ritengo che la montagna possa offrire una valida alternativa al mondo moderno caotico e frenetico e si ponga come “rifugio” non solo per chi necessita di trattamenti terapeutici, ma anche per l’uomo “sano” che nutre il suo benessere e si allontana dai problemi quotidiani, rifugiandosi in un luogo che permette all’individuo di rallentare il proprio ritmo per ritornare ad uno stadio più primitivo dove la propria mente è concentrata sul qui ed ora e dove il corpo ed il respiro sono necessariamente costretti a seguire un altro passo. L’obiettivo principale è fare in modo che chi partecipa possa vivere una esperienza nuova e fuori dagli “schemi” della città. L’intento è portare l’individuo e il gruppo a vivere una esperienza di montagna diversa: unire quelli che sono gli strumenti propri della psicologia e della cura a quelli di montagna in modo che la persona possa avere una lettura per il proprio sé mentre è in “cammino”, essere per agire ed agire per essere. La giornata o le giornate prevedono dunque attività strutturate di gruppo unite a quelle esperienziali di treeking, ciaspolata, arrampicata, torrentismo, ecc: la montagna da sempre mette a “nudo” diverse emozioni, sia positive che negative: leggendole, imparando a riconoscerle, a dargli un nome ed infine decodificandole, quanto appreso risulterà utile non solo nel momento presente ma anche nel contesto di città e nella routine della vita quotidiana.
- Perché la montagna può considerarsi terapeutica?
- In montagna attraverso il cammino ci si focalizza sui propri stati d’animo, sulle mutazioni e sui cambiamenti che avvengono dentro sé stessi così come accade nel terreno, nel panorama, nel cielo o nel meteo. Non solo ma la montagna con le sue difficoltà ti porta a contatto con emozioni negative che sempre più spesso l’individuo nega a sé stesso e che fatica a riconoscere: la fatica del cammino, la paura lungo un sentiero ripido, l’ansia nel compiere il giusto movimento lungo una parete, sono emozioni caratterizzanti una esperienza di montagna, non è possibile escluderle ma è necessario farci i conti per continuare lungo il sentiero e raggiungere la cima. Ecco perchè l’ambiente di montagna può a tutti gli effetti considerarsi metafora di vita dove fondamentale non è tanto il raggiungimento della vetta quanto il superamento dei propri limiti e dei propri ostacoli, interiori o esteriori.
In questo laboratorio “naturale” le forti emozioni, i legami che si creano e le interazioni che la montagna fa emergere permettono all’individuo di sperimentarsi con un sé stesso che inevitabilmente, posto di fronte a certe situazioni, non può essere più lo stesso. In montagna si esaltano i propri limiti così come le proprie risorse e si riattivano sistemi motivazionali primitivi che spesso nella realtà di tutti i giorni si tengono sotto traccia. In montagna e con il gruppo si attivano anche processi relazionali alla base dell’essere umano: la necessità di legarsi agli altri, di dipendere dall’Altro, il bisogno di solitudine e di isolamento, l’affidarsi ma al tempo stesso il ritirarsi dall’altro.
Il ruolo del professionista che insieme alla guida alpina accompagna il gruppo è prima di tutto di aiutare i processi comunicativi e di relazione tra i componenti al fine di formare il “gruppo” così come fornire momenti di scambio in cui si possano cogliere e leggere tutte le sfumature che una esperienza del genere offre. È compito dunque del professionista introdurre e far vivere una esperienza che stimoli l’interesse e la passione per l’attività proposta attraverso l’utilizzo di strumenti complementari alla guida atti a dare un significato di lettura rispetto a ciò che si stà facendo ed al perché lo si fa con l’obiettivo ultimo di far sì che ciascuno ritorni alla “città” con qualcosa di nuovo e utile per il proprio sé.
1.Quali tipi di patologie può curare?
La montagnaterapia si rivolge in particolare a coloro che soffrono di disturbi psicologici e patologie mentali e spesso questo tipo di attività è rivolta anche a persone che sviluppano dipendenze. Non ultimo alcuni progetti sul territorio emiliano di montagnaterapia sono stati rivolti ad individui con patologie cardiache che insieme ad un equipe medica hanno potuto riscontrare come il cammino possa rivelarsi utile per questa patologie.
In particolare ho svolto due uscite di montagnaterapia con utenti psichiatrici coinvolgendo la Cooperativa Ovile di Reggio Emilia e la Cooperativa Aliante di Modena, il tutto grazie al supporto degli educatori degli appartamenti ad “alta-media protezione” che hanno accompagnato il gruppo. In queste prime escursioni l’obiettivo principale è stato quello di far sì che il gruppo acquisisse i primi rudimenti sull’ambiente di montagna come ad es. muoversi lungo un sentiero, lettura della sentieristica in due ambienti/periodi di montagna completamente ifferenti, quello estivo e quello invernale
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